giovedì 23 giugno 2011

Black-out e "black-in".

28 SETTEMBRE 2003. L'Italia si spegne. Dodici ore senza corrente elttrica. In un attimo il tempo nella clessidra della storia sembra non scorrere più, è come se i granelli di sabbia fossero finiti ed un gigante avesse rigirato la clessidra troppo velocemente, riportando il mondo indietro. La tecnologia che si arrende alla forza della natura. Il buio che travolge la luce del progresso. Le luci si spengono, i treni si fermano, i cuori si intimoriscono. L'Italia quel giorno ha conosciuto la potenza della tecnologia e ha avuto paura, paura delle conseguenze, paura che tutto si potesse ripetere, paura del cambiamento radicale, paura del black-out, del "nero fuori". Ancora una volta i fatti ci portarono ad avere paura di quello che è fuori, ancora una volta ci affidammo all'esteriorità. Ed ora, ogni volta che accade un "black-in", ogni volta che il nero invade l'anima e il cuore non ce ne accorgiamo neanche più. La paura del black-out ci ha fatto dimenticare il male del black-in. Ogni giorno che una stella si spegne, che uno di noi perde la speranza, che uno di noi perde se stesso, che uno di noi segue la massa tutti guardano e giudicano, ma nessuno ha paura. Nessuno ha paura del cambiamento interiore, nessuno ha paura dell'intelligenza che muore, nessuno ha paura del sentimento che cade. Forse perchè è più semplice vedere una lampadina che si spegne all'improvviso piuttosto di una luce che muore giorno dopo giorno dietro un finto sorriso. Forse perchè fa sempre più rumore una centralina che esplode piuttosto che un'anima che si abbandona al silenzio del dolore.

giovedì 7 aprile 2011

....il vuoto....

Il vuoto è una delle cose che ci fa più paura.
Il vuoto dentro.
Il nulla che si impossessa della tua anima: è come se improvvisamente dentro quella tua calda pelle che riveste il tuo corpo non ci fosse più niente, solo gelo portato dall’aria che riempie gli spazi dove prima la vita giaceva.
Il vuoto fuori.
Tutto il mondo scorre davanti ai tuoi occhi, ma sembra non avere più significato: guardi le auto navigare per i mari della città, senti la gente parlare delle loro futilità, vedi un cielo senza nuvole che non ti dà felicità.
Il vuoto nella testa.
Nascono pensieri che non hanno sostanza. Nascono idee di effimera latenza.
Il vuoto nei gesti.
Ogni carezza, ogni contatto, ogni movimento diviene meccanico e a tutto sembra mancare il fiato.
Il vuoto
 Il vuoto non fa rumore, ma porta comunque devastazione.

domenica 3 aprile 2011

Ho visto la musica

Oggi ho visto la musica. No, non l'ho semplicemente ascoltata, sentita. L'ho vista negli occhi di un cantante che non conosco da molto, ma che con le sue canzoni sta lasciando una traccia nelle mie emozioni. Si chiama Virginio Simonelli. Oggi ho visto la musica nei suoi occhi, nella sua voce, nei suoi gesti, nelle sue parole, nelle sue note. E' salito sul palco quasi chiedendo permesso, come un bambino che scopriva un mondo nuovo. "Sono timido, ma sono qui, sempre, farò del mio meglio" ha detto. Si è raccontato con le sue parole rispondendo alle domande della presentatrice e poi si è completamente donato cantando. Quando l'ho sentito cantare dal vivo, dopo i primi minuti mi sono accorta che tutto d'un tratto era come se fosse possibile toccare le emozioni.. Lo senti cantare e riesci a dimenticare tutto e riesci davvero a sentire per un attimo la sua anima che ti sussura. Non è da tutti no. Possono sembrare le parole di qualcuno che sia di parte, di una ragazza troppo giovane per intendersi di musica e di emozioni. Forse lo sarò, forse vi sembrerò stupida, ma so che questa mia poca vita, mi ha insegnato a riconoscere certe cose. Su questo dovete darmi un pochino di fiducia. E se non mi credete toccate la sua musica ascoltando le sue canzoni. 
Poi gli autografi, i saluti, lui che dolcissimo prende in braccio un cucciolo d'uomo di pochissimi mesi e se lo coccola, le poche parole scambiate con lui. La sua gentillezza che seda l'ira di un uomo poco educato che stava per far saltare l'incontro. Mi rendo conto che le parole stanno a zero per descrivere le emozioni, soprattutto quando le hai appena vissute.. Spero molti di voi riusciranno a viverle e a dirmi"avevi ragione" e allora sarò felice, non perchè mi crederete, ma perchè so che sarete stati per un po' VIVI..

mercoledì 30 marzo 2011

E poi mi scopro viva.



Esistono tanti tipi di delusione, di molti se ne parla molto quasi a sminuirli, quasi se come parlarne continuamente aiutasse a cancellarli dal mondo. La delusione d'amore, la delusione ricevuta da un amico e chi ne ha più ne metta. Tra queste categorie, tipiche nel nostro mondo, ce n'è una di cui non si parla mai o quasi: la delusione di essere secondi a tutto, di essere l'ultima chance e risorsa presa in consideazione da tutti.
La delusione, soprattutto quest'ultimo tipo, è come una malattia degenerativa.
Si insidia di colpo, inaspettatamente entra dentro di te senza preavviso, senza che nessuno lo sappia.
E poi?
E poi cresce piano piano, dallo stomaco, dove ti colpisce lasciandoti senza fiato, raggiunge ogni parte del tuo corpo, ogni organo fino a salire al cervello e a darti alla testa. Arriva li, dove tutto ha inizio: il respiro, il pensiero, la vita. Ti sembra di impazzire, di non capire più nulla, di non controllare la rabbia e i sentimenti, di non trovare più un senso.
E' in quel momento, nell'istante in cui tutto resta sospeso e fuori da ogni controllo, quando ti sembra di essere in bilico tra la vera vita e l'effimera esistenza, che in me nasce un bisogno. Un bisogno che si trasforma in un brivido che corre lungo la schiena, lungo il mio braccio e raggiunge le mani. Di colpo, quasi come se mossa da un corpo che non fosse il mio, la mia mano allora sfiora una penna e inizia a farla danzare su di un foglio.
E' in quel momento che finalmente capisco di essere ancora viva.

domenica 20 febbraio 2011

Le nuvole.

Credo che le persone siano come le nuvole. Vanno, vengono e stravolgono il tuo cielo di sentimenti. Ci sono quelle nuvole bianche, limpide, che si affiancano al sole senza offuscare la sua bellezza, sembrano quasi sostenerlo in quel cielo troppo azzurro, sembrano quasi giocare con lui per cercare di renderlo più splendente. Esistono, invece, nuvole prepotenti che con egoismo pretendono di coprire il sole e di lasciare la Terra senza luce, senza speranza quasi. Poi ci sono quelle nuvole grige, cariche di pioggia che irrompono nel cielo e portano tempesta. Loro distruggono il sereno e lasciano devastione.
Fabrizio De André scriveva sulle nuvole che " per una vera cento sono finte ".


http://www.youtube.com/watch?v=q_hded5ZirQ

venerdì 21 gennaio 2011

L'indifferenza dei 'sani'.

Ore 16:15 circa, sull'autobus appena partito dalla stazione Anagnina di Roma assisto alla seguente scena: un noto signore, habitué della corsa pomeridiana ed ospite di un centro di igene mentale, sale sull'autobus per fare ritorno a quella che ormai da anni è la sua casa, dopo la sua abituale passeggiata sotto il cielo romano. Trovato il suo solito posto occupato chiede ripetitivamente in tono gentile alla signora che vi è seduta di cederglielo. La "signora", (se così può essere definita), non lo degna di uno sguardo. Troppo "matto" è quel tizio per essere preso in considerazione: è questo quello che trapela dai suoi gesti, dai suoi occhi. Intenerita (dal signore) e infastidita (da ciò che gli sta accadendo), cedo il mio posto al mal capitato che mi ricambia con un sorriso di una dolcezza inaudita, con un sorriso che sa riscaldare il cuore.
Non finisce qui. La signora infastidita dal mio gesto e dal fatto che avrebbe dovuto continuare il suo viaggio con un compagno poco gradido, si alza e si trasferisce nella parte posteriore dell'autobus.
La scena scorre sotto gli occhi indifferenti di tutti i passeggeri, che non muovono un dito, che non alzano lo sguardo se non quando letteralmente imbestialita inizio ad inveire contro la signora (ancora sprizzante di indifferenza). Ma quando incrocio i loro occhi, capisco che non sono rivolti a me per mostrarmi sostegno o per condannare l'indifferenza della signora, no, affatto, stavo disturbando il loro viaggio e questo in un paese civile come l'Italia non si fa!
Ma come ho potuto disturbare la quiete dei sani, per rendere migliore il viaggio di un malato?!
Se essere sani vuol dire davvero essere indifferenti alle mille condizioni diverse dell'esistenza, essere incivili e scortesi nei confronti di un altro uomo che non ha nulla in meno o in più rispetto a noi, essere egoisti, essere ottusi, essere convinti della propria superiorità rispetto ad un'altra vita, allora non voglio essere sana. Preferisco essere malata, preferisco guardare e perdermi nella verità degli occhi dolci e profondi di quel signore piuttosto che dover subire l'ignoranza dei sani.
Quando quel signore torna nel suo ospedale e voltandosi vede il cancello chiudersi, potrebbe non vedere quello che vedono i "sani" dalla loro pare, lui non vede chiudere il cancello che separa la civiltà dalla pazzia e dal delirio, lui potrebbe vedere chiudere il cancello che separa la falsità dalla verità, l'apparenza dalla semplicità dell'essere reali.

domenica 16 gennaio 2011

L'altro pianeta: un luogo in cui restare.

Scrivo da sempre.
Da quando ho imparato a scrivere, giorno dopo giorno, è cresciuto il mio amore per le parole ed ogni giorno ho pagato il prezzo per aver imparato il valore che ogni singola parola può avere. La forza che può scaturire dall'unione di qualche semplice lettara è a volte incocepibile e troppo spesso sottovalutata. La vita scorre nelle parole che pensiamo, che diciamo, che ascoltiamo, che urliamo, che pensiamo di conoscere. 
Io scrivo, ma nessuno ha mai letto.
Negli anni ho costruito il mio mondo in cui fuggire, in cui esprimermi liberamente diventa semplice, in cui sentire non è più semplicemente ascoltare con le orecchie.
Io scrivo da sempre, ed ora ho deciso che voglio essere letta, che voglio essere ascolta, che voglio condividere il mio altro pianeta.